Chi sono

Curriculum vitae Maria Trionfi

Sono nata a Roma nel 1934. Ho un ricordo vago delle varie sedi, o meglio, degli alloggi di servizio in cui abbiamo vissuto seguendo mio padre, allora Colonnello: Napoli, in Piazza del Plebiscito; Viterbo, in Via Col Moschin; e infine Roma, al Collegio Militare, presso Palazzo Salviati in Via della Lungara. Quest’ultima fu la nostra ultima casa insieme: da lì mio padre, ormai promosso Generale, partì per la Grecia, da dove non fece più ritorno.

Ricordo bene le scuole che ho frequentato: le Suore del Preziosissimo Sangue in Via Nomentana, le Suore Dorotee al Gianicolo, le suore tedesche dell’Istituto Paolina di Mallinckrodt in Via XXI Aprile, e infine tutte le medie e il liceo classico all’Istituto Marymount di Via Nomentana, da cui mi sono diplomata nel 1952.

Nel 1945, alcuni mesi dopo la fine della guerra, avemmo la tragica conferma del destino di mio padre. Catturato l’8 settembre 1943 in Grecia, dove comandava la base di Navarino (Pylos, Peloponneso), rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò e ancor meno di entrare nella Wehrmacht. Dopo quasi due anni di prigionia nel Lager 64/Z di Schokken, fu barbaramente trucidato il 28 gennaio 1945 durante una marcia di trasferimento verso Shelkow (oggi Kusnica Zelichowo), insieme ad altri generali italiani: Carlo Spatocco, Emanuele Balbo Bertone di Breme, Alessandro Vaccaneo, Giuseppe Andreoli e Ugo Ferrero. I polacchi del luogo seppellirono con cura i loro corpi, e, a guerra finita, un gruppo di generali sopravvissuti all’eccidio tornò sul posto per dare loro degna sepoltura nel cimitero locale e raccogliere ciò che poteva essere restituito alle famiglie.

Nel 1953 mi iscrissi alla Facoltà di Lettere, ma non terminai gli studi perché, nel novembre 1958, mi sposai nella Chiesa di Santa Costanza sulla Via Nomentana con Pier Luigi Sernesi, figlio di Salvino Sernesi, Direttore Generale dell’I.R.I.

Nel 1955 entrai al Ministero degli Affari Esteri senza concorso, come orfana di guerra, grazie all’aiuto di un medico che aveva conosciuto mio padre. Tuttavia, nel 1961 diedi le dimissioni: aspettavo il mio primo figlio, Pier Giorgio, e soprattutto mio marito, funzionario della Banca Nazionale del Lavoro, era stato trasferito a Firenze. Nel 1964, alla morte di mio suocero Salvino Sernesi, nacque mia figlia Raffaella e ci trasferimmo nuovamente a Roma, dove nel 1968 nacque la mia terza figlia, Marzia.

Nel 1972, con l’aiuto economico di mia madre, mi recai in Polonia. Grazie all’intervento di un direttore di banca, conoscente di mio marito, riuscii a visitare l’ex Lager 64/Z di Schokken (oggi Skoki) e, molto più a nord, il luogo dell’eccidio (Kusnica Zelichowa). Qui incontrai un testimone oculare polacco, Jan Witka, che mi rivelò il nome dell’assassino dei cinque generali: Otto Hois (o forse Heuss, nella grafia tedesca).

Nel 1973 iniziò la mia corrispondenza con Simon Wiesenthal, che durò diversi anni e portò all’apertura di un procedimento giudiziario contro Otto Hois. Per le spese processuali ricevetti anche il sostegno dell’Associazione Nazionale Ex Internati nei Lager nazisti (A.N.E.I.). Tuttavia, nel 1982 il processo si concluse senza alcun risultato.

Nel 1974 mi iscrissi alla Facoltà di Psicologia dell’Università di Roma, laureandomi nel 1979. Nello stesso anno riuscii a rientrare al Ministero degli Affari Esteri.

Il mio matrimonio iniziò a incrinarsi e, nell’ottobre 1983, mi trasferii a casa di mia madre.

Dopo la separazione, venni destinata all’estero:

Ambasciata d’Italia a Nicosia (Cipro) dal 1984 al 1990
Ambasciata d’Italia ad Addis Abeba dal 1990 al 1993
Consolato Generale d’Italia a Edimburgo dal 1993
Ministero degli Affari Esteri 1993 – 1995
Ambasciata d’Italia a Belgrado 1996 – 2001

Nel 1992 divorziammo ufficialmente e nel 1995 fui trasferita nuovamente al Ministero degli Affari Esteri. Vi rimasi solo un anno, perché nel 1996 partii per Belgrado, dove lavorai fino alla pensione, nel 2001, anno in cui tornai definitivamente a Roma.

Sempre nel 2001 sposai Boris Blagojevic, serbo, conosciuto a Belgrado. Da allora mi sono dedicata al volontariato presso l’A.N.E.I. che nel 2004 ha pubblicato un libro su mio padre, presentato a Palazzo Salviati il 28 gennaio di quell’anno.

Dal 2007 ho iniziato a collaborare con l’A.N.E.I., e ancora oggi, seppur saltuariamente, continuo a lavorarvi. Sempre l’A.N.E.I. nel 2004 ha pubblicato un libro dove ho raccolto il diario di mio padre dalla Grecia e le sue lettere dal Lager. Il titolo è: Il Generale Alberto Trionfi – scritti e memorie dalla Grecia al Lager. Un delitto delle SS.

Ho curato la trascrizione del diario della signora Fedora Brenta Brcic, moglie dell’Ammiraglio Emilio Brenta. La signora, rimasta a Roma, scrive nel diario redatto giornalmente la sua “guerra” in una Roma devastata dai bombardamenti.
Da questa trascrizione è stato pubblicato un libro da me curato, intitolato “Il diario dell’attesa” – storia di una famiglia 1943 – 1945. Edizioni Bibliotheke.
Nella seconda parte del libro, c’è la relazione dell’ammiraglio circa la sua attività svolta dopo l’8 settembre 1943. Attività che gli causò la deportazione a Schokken”.

Nel 2011 ho consegnato alla Procura Militare di Roma copia di tutta la documentazione processuale, comprese le lettere con Wiesenthal e i documenti dei tribunali e dell’avvocato. Tuttavia, ad oggi, non ho ancora ricevuto alcun riscontro. Però, ne è stato fatto un libro (autrice: dott.ssa Elena Albertini) dal titolo “Un crimine di guerra mai risolto” edizioni Chillemi e alla presentazione dello stesso a Palazzo Salviati con la presenza del Procuratore Militare Marco De Paolis, il Procuratore stesso disse che avrebbero dovuto ringraziarmi per tutto il lavoro che avevo svolto per la ricerca dell’assassino. E questo è stato per me un grande riconoscimento.